Buon inizio settimana a
tutti carissimi lettori, quest’oggi vi voglio parlare di un libro che mi ha
lasciato col cuore in gola e che non ha per niente deluso le mie
aspettative…(rullo di tamburi) ecco a voi la mia recensione del secondo libro di
Michelle Hodkin “Io non sono Mara Dyer”.
Titolo: Io non sono Mara Dyer
Titolo originale: The evolution of
Mara Dyer #2
Autore:
Michelle Hodkin
Data di uscita: 3 settembre 2013
Editore:
Mondadori
Prezzo: 17,00
€
Pagine: 461
Trama
Mara Dyer sa di aver
commesso un omicidio. Jude voleva farle del male, e lei si è difesa, grazie al
terribile potere che le permette di uccidere con la forza del pensiero. Ma ora
Jude è tornato, e nessuno le crede anche se giura di averlo visto con i suoi
occhi. Quel ragazzo dovrebbe essere morto, e Mara rischia di finire i suoi
giorni nell'ospedale psichiatrico in cui è tenuta in osservazione con una
diagnosi di probabile schizofrenia. L'unica possibilità di salvezza è assecondare
i medici e fingere di avere avuto un'allucinazione. Così la sera è libera di
tornare a casa e vedere Noah, l'unico che ancora crede in lei e cerca di
aiutarla a fare luce sui misteri che circondano la sua vita, proteggendola da
Jude. Ma i fatti inquietanti si moltiplicano, e Mara rischia di impazzire sul
serio: qualcuno entra in camera sua la notte e la fotografa mentre dorme, e un
giorno le fa trovare una bambola appartenuta alla nonna, che soffriva dei suoi
stessi disturbi. Mara, esasperata, cerca di bruciarla, ma nel fuoco rinviene un
talismano complementare a quello in possesso di Noah...
Lo amerai fino a distruggerlo.
(Io direi: lo amerai fino a distruggerti).
Nome paziente: Cassandra
Età: indefinita
La paziente ammette di aver
pensato, oggi come nel passato, di aver avuto allucinazioni uditorie e visive.
La paziente riporta anche episodi di grave insonnia e mostra un costante
atteggiamento di aggressività nei confronti di coloro che osino anche solo
avvicinarsi al suo libro “Io non sono
Mara Dyer” (che ritiene essere scritto su di lei).
NOTA FONDAMENTALE: è
convinta di chiamarsi Mara Dyer, di essere perseguitata da un tale Jude e di
amare alla follia Noah Shaw.
Okay, questa cosa la dovevo
fare giusto per farvi capire quanto, dopo aver terminato la lettura di “Io non sono Mara Dyer”, il mio cervello
non abbia retto ai colpi di scena, alla tensione costante e alla mente malefica
di Michelle Hodkin.
E così dopo aver creduto di
essere diventata pazza con il primo libro “Chi
è Mara Dyer”, ora ne ho l’assoluta certezza. Ho passato la notte a
rigirarmi nel letto, a vedere ombre che probabilmente non erano reali, a
sentire voci che rimbombavano nella mia testa (o forse no?!).
Blatero.
Farnetico.
Divago.
Altri postumi della lettura
ma ve lo prometto, cercherò di recuperare l’ultimo barlume di lucidità che mi è
rimasto e vi parlerò (finalmente) del libro.
Questo secondo capitolo si
apre esattamente laddove era terminato il primo, e a ben guardare si ha
l’impressione di aver cliccato su di un tasto virtuale “rewind” e di essere
tornati indietro, perché ritroviamo Mara
nuovamente in un letto di ospedale. Nuovamente in stato confusionale. Nuovamente
sola perché nessuno crede in quello che ha visto, ovvero che il suo ex ragazzo
Jude non fa parte di un’allucinazione dovuta ad un disturbo post traumatico da
stress, ma bensì è reale. Nessuno crede che lei l’abbia davvero visto, perché
per tutti lo ritengono morto in quel tragico crollo. Nessuno le crede tranne
Noah Shaw, il suo attuale (meraviglioso) ragazzo col quale condivide un segreto
che li rende molto simili seppure nella loro diversità. Mara sarà costretta a dimostrare che il suo precario equilibrio mentale
sia in realtà temporaneo, mentirà affinché questo avvenga e accetterà di
frequentare un Centro psichiatrico diurno. Purtroppo però i problemi per
lei non sono finiti qui e frequentare quel centro non l’aiuterà a superare i
demoni del passato, ma la farà sprofondare (per quanto ciò possa ancora essere
possibile) nel profondo degli abissi della sua mente.
Incubi, visioni, vuoti di memoria, biglietti che
compaiono dal nulla, scatti che la ritraggono mentre dorme, gatti morti davanti
casa sua, stormi di uccelli che si abbattono su auto facendosi beffe di
Hitchcock e dei vari film horror…e a
fare da contorno a tutto questo una inquietante bambola che era appartenuta a
sua nonna. Questo libro vede il perfetto amalgamarsi di mistero, adrenalina e
un finale in cui la tensione raggiunge livelli indescrivibili. E tanto per
scrivere giusto due righe sul finale: NO! MI RIFIUTO CATEGORICAMENTE di
accettare o anche solo immaginare di poterlo accettare. PER ME E’NO. (E che
finale…MA RIMANE SEMPRE NO)
Voglio confermare
l’impressione che avevo avuto della Hodkin, quando avevo affermato di saperci davvero
fare e credo che sarebbe capace di far venire le crisi d’identità anche alla
persona più sicura di sé: per lei non esistono sfumature, o è tutto bianco o è
tutto nero, o qualcosa è profondamente vero o maledettamente falso e ti lascia
lì con un enorme punto interrogativo sulla testa! Brava Michelle, seconda
standing ovation per te!
A volte capita che leggendo
un libro si prendano un po’ le distanze dalla protagonista femminile, perché è
troppo melensa, o troppo frignona, o troppo sopra le righe, ma credo che sia impossibile non affezionarsi a Mara:
lei è convinta di essere una debole, di essere a pezzi e sull’orlo della
pazzia, ma credo sia uno dei personaggi femminili più forti di cui abbia mai
letto. E poi come non esserlo con accanto un ragazzo protettivo e sempre
presente come Noah al suo fianco? Lo avevo già adorato nel primo libro, ma ora
seppure riuscire a capirlo è un’impresa, l’ho amato alla follia in questo
secondo. Lui è un punto fermo, forse
l’unico, per Mara, un personaggio nella cui mente è davvero difficile entrare
ed è forse questo a renderlo tanto affascinante.
Mi resi conto che probabilmente avevo l'aspetto di una pazza, mentre Noah, lì inginocchiato in fondo al letto, sembrava un principe arrogante. Come se il mondo fosse suo e gli bastasse allungare una mano per prenderselo
- Sei talmente calmo - Sbottai a voce alta. - E' come se tu non ne avessi bisogno.- Non dissi: "Non avessi bisogno di me". Ma da quel suo sorriso da canaglia intuii che aveva capito benissimo cosa intendevo. Allora Noah venne in avanti, verso di me, accando a me, i muscoli delle braccia tesi per il movimento. - Ho l'impressione che tu non abbia ben compreso che tutto quello che voglio nella vita è prenderti e farti gridare il mio nome.
Vorrei parlarvi molto di più
di quanto ho letto, condividere pensieri e ipotesi, ma mi rendo conto che non
posso farlo, non vi voglio spoilerare per niente al mondo perché DOVETE e dico
DOVETE leggerlo...poi una volta che l’avrete letto e non capirete più la
differenza tra cosa è reale e cosa no, avrete difficoltà a capire chi siete e
se quello che vi accade in realtà sta accadendo oppure no…non ditemi che non vi
avevo avvisato!
Un abbraccio dalla
vostra
Cassandra. O forse no. Come sempre.
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